chomolungma

19 marzo 2024 § Lascia un commento

Siamo uscite a cercare i bucaneve.
Li abbiamo trovati.
Ieri mattina battevo i denti.
Oggi tutt’altra storia.
Due stagioni in due giorni.
Così prevedibile.
Dal freddo che ci comprime al sole che ci butta avanti.
E le cime ancora immacolate.
Non ancora a lungo, prevedo.
Un uomo ci sorpassa.
Passo lungo, dinoccolato, pare stia marciando.
Le spalle divergenti, una alta e rigida e l’altra affossata.
I campi ingrassati e così anche io, vale a dire pronta a fiorire.
Potrei dirti che non c’è differenza fra amarmi e ararmi.
Ma sarebbe una puntualizzazione inutile.
Porto ancora su di me le tracce degli pneumatici.
Usavo lamentarmene, prima di riconoscerli come parte del tutto.
Quante pietre miliari in tre anni e mezzo.
E ora, forza senza sforzo.

musica da un’altra stanza

26 gennaio 2024 § Lascia un commento

Mattine che sono un inno al romanticismo
letterario.
Io, vestita in maniera estremamente inadatta alla stagione,
col clima estremamente inadatto alla stagione.
L’aprirsi del sipario di cime
mi spinge il sole negli occhi
rincalzandolo bene fra le palpebre.
Posso dirti, sentiero, che stamani
il tuo è un arredamento spiccatamente anni settanta?
I pouf i mobili di midollino
parecchio verde senape e nocciola
e il velluto a rivestimento in ogni dove.

Se una cosa è inoppugnabile
riguardando i 365 giorni indietro
è che ho appreso a rifuggire
gli avvenimenti perigliosi
e le compagnie intere che li mettono in atto.
Preferisco impronte più selvatiche
o la luce del rimettermi al mondo ad ogni risveglio
in un abbraccio molto semplice e solido.
(Stamattina ore sette, infilandomi nel letto di Irene,
l’ho stretta tutta nei suoi lunghi fasci
di solidissimi muscoli
aprendole il giorno, col dispiacere estremo
di chiuderle il sonno,
stramaledicendo il sistema scolastico
che non rispetta nessuno, nessuno.)

Il sentiero mi risucchia
nonostante l’immobilità degli ultimi mesi
determini una rilevante resistenza
io riconosco ogni tratto col tatto
prima ancora che con la vista
ogni sasso che ho promosso a pietra tombale
soprattutto quello sotto il quale giace
il mio senso di fallibilità, che credevo innato
e inesauribile.

Oggi cammino pianissimo, con passi morbidi e grevi
piangendo calma.
Anche perdere l’infelicità
è un lutto
come tale va sentito e lasciato fluire.

Neve di cartone
da sgretolare
nell’aria che si fa tiepida
evidente ingiuria di gennaio.

Per trascinamento
afferrata dai polsi
stella che lascia solchi o mulattiere
bambina volutamente indifferenziata e colma di tutto
tu che stacchi gli alberi dal suolo
per meglio infilarti fra le loro radici:
torna a casa, fermati prima, rientra nei ranghi
che ti resti la fame di qualcosa per i giorni a venire
lascia sempre, ti prego,
qualcosa nei giorni
di incompiuto e incustodito.

effetto di mera esposizione

25 gennaio 2024 § Lascia un commento

Metà anni novanta, scuole medie
pastigliette di fluoro, educazione sessuale con orsetti,
spintoni e confusione, le dritte sui tamponi interni o
su mascara matite e ombretti.
In coda per un vaccino che non ricordo
le compagne parlavano di una caduta sugli sci
io credevo parlassero della discesa libera del giorno precedente
dove Ulrike Maier era morta in seguito a una caduta spaventosa
mentre aveva vinto la giovanissima Isolde Kostner
riportai mesta le parole del tg, dove chiamavano la defunta “mammina volante”
le compagne mi guardarono con aria interrogativa
poi, quasi compatendomi, no, si riferivano
a una caduta fatta durante i corsi di discesa
che in molte se non quasi tutte avevano visto, ridendo di gusto,
ma non io, che praticavo solo lo sci di fondo
ed ero un animale senza speranza.
Poi le speranze ritornarono dopo essersi completamente
esaurite, talvolta nette, altre fuori fuoco
nell’affastellarsi di notizie precise e imprecise
nei letti altrui occupati sempre molto a lungo
negli uomini miei sempre molto a lungo.
Ora penso agli ultimi trenta anni
agli ultimi venti
agli ultimi quindici
mentre preparo il sacco dell’indifferenziata da conferire
e incalzo Irene, stanca, che ciondola sulla colazione,
penso a quante volte moriamo e vinciamo sulle piste
cercando la maniera migliore di sottoporci la vita
e somministrarci il veleno che salva o ci stacca
come la colla sui tavoli, come l’usura degli infissi.
Molto più duri e molto più indulgenti.
Un muro sul quale volare sospendendo la rotazione
dell’asse terrestre.

effetto di mera esposizione

2 novembre 2023 § Lascia un commento

Maria Rosa era calabrese.
Dopo le vacanze di Natale
al ritorno in convitto
aveva portato due grosse forme di pane
ne aveva utilizzata parte per preparare delle polpette di pane
finite nella salsa di pomodoro
anch’essa portata da lei
ne avevamo mangiate tutte
la siciliana la napoletana la valtellinese indecisa
(mentre io in genere, per la condivisione,
preparavo zuppe di legumi e verdure
più raramente delle ratatouille imprecise
o insalate di pomodori).
Poi si poteva o meno condividere un momento di televisione
ma mai spesso e mai a lungo
e ognuna tornava alla sua camera con lavabo.
Spesso in quel piccolo lavandino lavavo qualche indumento
ci furono, addirittura,
diversi arrampicatissimi acrobatici bidet
per non raggiungere l’area bagno;
fumavo, bevevo un bicchierino di liquore alla frutta
(dopotutto, avevo diciassette anni),
studiavo poco, leggevo molto, ho anche amato
una bellissima amica,
in quel vuoto penumatico
dell’adolescenza giunta a maturazione.
Comunque stasera ho ritrovato
le polpette e il pane di Maria Rosa
e ho ricordato, con chirurgica precisione,
che dopo giorni di viaggio e permanenza
a Casale Monferrato
avevano preso un sapore di stantio
oltre il quale recuperare la fragranza del grano e della semola
richiedeva uno sforzo di immaginazione
che non ero ancora pronta a praticare.

degustazione

19 ottobre 2023 § Lascia un commento

C’è il linoleum
come dire anni novanta
il sudore ai concerti
un odore di appartamento chiuso,
di gomma, di giocattoli,
di frutti disegnati.
Poi viene il pomodoro.
E la fragola di bosco,
quando passi oltre la superficie tinta
e il bianco ti sbatte sui denti
non appena lo penetri e perfori.
Ecco che lei passa le mani sull’intonaco veneziano
nella camera bene ammobiliata
e il tramite sono i capelli
che non ha mai saputo avere,
soffici e corposi.


Il secondo macera.
Semplice, dolce e poi verde quanto basta.
Io ci sento Orta
quando raccolsi i fiori del rosmarino
e non le foglie
per il risotto.
Il lungolago,
l’estate.

Infine l’ultimo, inguine, lattice
e anche, forse, un po’, il benzinaio
che ti controlla pure l’autovettura
mentre tu attendi nel negozio polveroso
fra i prezzi mancanti
e il non sapere quanto pagherai
per il controllino.

effetto di mera esposizione

15 ottobre 2023 § Lascia un commento

Ricordo la prima volte che misi piede in questa cucina
non ancora avevo ben compreso
con chi avevo a che fare
vidi le piccole piastrelle quadrate
che ricoprivano il piano di lavoro e il paraschizzi
nella luce della lampadina
pensai fossero sporche, molto sporche.
Sono dopo qualche minuto realizzai
che erano ricoperte uniformemente di piccoli
puntini di diverse dimensioni, insomma
una fantasia regolare e irregolare,
non molto differenti da te, col senno di poi.
Ho preso, da qualche settimana
questa abitudine che era tua
quando vivevi solo
di asciugare le stoviglie dopo averle lavate
e riporle, ognuna al suo posto, in ordine
per lasciare la cucina il più possibile sgombra.
Rimangono però le cose che fanno la mia piccola confusione
un po’ per velocizzare lo svolgersi delle mattine
un po’ perché il mio essere al mondo è ricco di particolari
così ci sono tazze pronte per la colazione
portamerenda e borraccia di irene, e una serie di vasi
aloe, un pomodoro nato a casaccio che ho
maltrattato e mai ha dato frutto, il basilico spogliato e spoglio.

Non manca la musica, come allora.

musica da un’altra stanza

20 settembre 2023 § Lascia un commento

Stamattina l’aria
è una granita sorbita troppo rapidamente
le cime rosse del sole crescente
di settembre
paonazze come quindicenni
e il paese, deposto grigio,
ancora sotto le coperte.

Assenzio ovunque, crespino
cammino riverenziale
senza tuttavia soffermarmi.
Questo verde lussuoso
di tonalità ancora primaverili.
E il sole
attraverso uno spioncino
l’occhio che si stropiccia
di tanto lavoro davanti e dietro.

Improvvisamente prendo coscienza
di un’ombra furtiva e ridanciana
che mi segue sul mio lato sinistro
in barba all’inclinazione del sole
e alla precisa geometria dei suoi raggi.
La sento correre e nascondersi e indietreggiare
mentre conto le vene gonfie e pulsanti
del sentiero.

Io che a vedermi
mi riconosco nello strumento ligneo
dei rabdomanti
manipolata per fini d’acqua puntando il suolo
pronta a recepire e tradurre il flusso
avendolo testato in prima persona.

Sai quanti lupi ho visto e vedo
che non mi dicono per mangiarti meglio bambina mia?
Avallati dagli avvallamenti del mio campo visivo
non scantonano più, restano nel sonno profondo
perché non disturbo, se non l’universo.

(La rugiada lubrifica
incita e invita nell’eccitazione del mio
essere leggera
sulla traccia perlacea del camminamento.)

Quanto stride il nylon dei miei vestiti
su questo tappeto di bosco
un modernariato per il quale
non provo interesse
a parte l’utilità relativa al movimento.
Stridono volatili di settembre
ma loro per natura, e bene.

La suggestione di formicai franati
fra i capelli dei prati scoscesi.
La suggestione dell’intendere
finendo col portare tutt’altro
perché il buono irradia e spenge
le proliferazioni più deleterie-
talvolta.

Il mattino di settembre che disimbruna
e il farsi scoglio ultramarino
della mia fronte afferrata a stagioni
sempre più rarefatte.

Il concetto è un dopodomani che si diluisce
e al tempo distilla
nello stare disallineato
delle cose reali e disponibili.
Io che tocco il ginepro
con lo sguardo
e colgo il razziare i cieli di velivoli secondari
mentre non ricordo il mio corpo
fra spini e rameggiare.

Da dove viene il respiro
acceso delle erbe, tu chiedi
senza chiedere e pertanto ottenendo
carezza.

ordine e avventura

2 settembre 2023 § Lascia un commento

Il locale monta archi commoventi.
Marianne, we are ready for you, so long.
Quante lettere scritte senza il beneficio
del dubbio.
I giovani passano e lasciano segni
non indelebili.
Invece:
le puttanate trovate al cimitero sono finite
nel cassone della spazzatura.
Lo squallore fine a sé stesso.


È tutto molto dilatato.
I libri che sto terminando, tutti insieme.
I secchi della differenziata.
La crescita di Irene, nonostante
i picchi estremi.
La mia crescita e la mia
contestuale decrescita.
L’animale guida che tace, avendo io
in buona sostanza
esaurito le strade note.
Ghirri e il suo registrare istanti consapevoli
e sfuggenti assai.
La lettura di un brano,
che non è questo,
che non è una canzone gettata
in un crepaccio.
E i ghiacciai, muti, che sentenziano
quando li tocchi, da lontano, con lo sguardo.
La subitanea sparizione delle orde
qualsiasi cosa ciò significhi.

Ordine e avventura

19 agosto 2023 § Lascia un commento

Ascoltano Dalla
ma non che lo dicano proprio in giro
quando passano tonici sulla ciclabile
non si sappia quando di notte
nel letto gemono e fremono: soli
come se non fossero nuvole
formate sul mese sbagliato.



Con nessun altro ho fumato
sigarette a letto
e ascoltato così tanto
anche quando avrei avuto
caterve di cose da dire.
Un suono insiste
a mezzanotte e un quarto
in una notte di agosto
22 gradi e mezzo in cucina
la sola stanza nella quale fumo
per non impestare
la casa di Irene.


Sono allo Skianta da sola
bevo un gin tonic
sono bella e nel pieno della vita
18 kilometri in quota
conditi di lacrime e rocce e acqua
mi hanno ringiovanita
succhio la vita
tornata piena di felicità e entusiasmo
bevo un gin tonic
l’universo sussulta quando lo accarezzo
sono allo Skianta da sola
la voce esce senza parole
quanta giustizia nonostante la merda.

Ordine e avventura

1 agosto 2023 § Lascia un commento

Una nuova giornata di tempo uggioso
come a schiantarsi nei colori e nello sguardo
di Anna Karina
il suo volto di sabbia catrame e alghe
la ripresa di un gioco di dita che sotto la vita
si blocca
sul divano inaugurato da questo mese
che esclude le promesse e sovente ha scagliato
morti e vita. Pazzi nel cervello. Il mese
che spiove su assenze plateali
la mia bambina le mie bambine i miei
amori occultati nel gobbo, al centro
della ribalta, che male suggeriscono
e mi imboccano parole
chiave, di un mazzo dimenticato, che
non ha più alcuna porta
da soddisfare: lasciamoli vuoti questi stipiti.
Lasciamoli stupiti e trapassati dalla luce.
Anna Karina ammicca da una cornice.
Non suggerisce più nulla.
Guarda oltre, anche lei –

ordine e avventura

27 luglio 2023 § 2 commenti

Sbatto le uova.
Guardo la mano afferrata alla forchetta
salgo verso il polso che rotea in maniera
minima e rapida, trasmettendo il movimento
alla forchetta e quindi alle uova
dal polso risalgo verso l’avambraccio
e lì fermo lo sguardo.
È sottile
alcune vene sporgono sotto la pelle
brunita dalle lunghe camminate.
È l’avambraccio di una ragazza giovane, annoto,
se non discendo verso il dorso della mano
dove la pelle è molto più segnata.
Di questo si costituiscono ora i giorni:
cucinare, pulire, lavare, stendere, piegare,
riordinare e riassettare, rispondere, spolverare,
mettere via, spostare, gettare.
La vita a volte sosta in un sacchetto che muoviamo
da un ambiente all’altro, senza più fare caso
al contenuto.
Che sia un concerto di sera
una bambina tenuta per mano
o un vuoto nello stomaco
che non sai più dire
se sia buono o cattivo.

ordine e avventura

27 luglio 2023 § Lascia un commento

In cielo c’è una mezza luna e noi
guardiamo un volto orientale.
L’insoddisfazione è una botta che pulsa
pulsa sul seno, sulla sommità delle ginocchia
soprattutto pulsa fra gli occhi.
Il vociare in strada
lontano dall’essere schiamazzo
è la mia compagna labile e malmostosa
che sempre parla e mai risponde.
Il fervore col quale evitiamo accuratamente.
Le mani legate dietro la schiena,
noi esseri schivi e ritrosi all’azione.
Appuntamenti in banca due giorni di fila.
Il lavoro che prosciuga.
La gatta che implora.
(Mi hai dato il sedano una volta, e poi mai più.)

ordine e avventura

26 luglio 2023 § Lascia un commento

Sto ancora piangendo molti lutti, tutti.
Questo realizzo in data odierna.
Visione del film Beautiful boy.
Pianto molte lacrime e sentito forte
l’infrangersi di speranze e anche solo
di sentimenti augurali.
Il mio amico che mi ringrazia per le mie parole.
Le quali parole, amico mio, farebbero meglio
a ringraziare te.
L’ordine arduo a mantenere.
La difficoltà di leggere e di piegare la biancheria.
Le mie gambe sole, la mia schiena non carezzata.
Il nastro lungo nubicielonubicielonubicielo
che si svolge rapido e quotidiano svettando sulla Reit.
Quanto spreco nelle esistenze, e io
che non levo abbastanza sovente
la polvere
dalla mia.
Ma poi, almeno, lascio andare le parole.
Sara mi insegna che la vita non finisce
nemmeno quando finisce
(negli anni novanta
apprendevo la medesima lezione
guardando e riguardando
L’albero di Antonia).
Quindi piango i lutti, tutti, ma non mi arresto.
L’estate come un sentire indeciso e impreciso:
o solo il nostro esprimerci a fatica.

ordine e avventura

7 luglio 2023 § Lascia un commento

Seduta su una panchina in mezza ombra
favorevole allo sbranare del sole di tarda mattina
Atena addormentata nel passeggino
ancorata alla frescura.
“Posso?”
‘Prego, c’è tanto posto!’
“Sono andata a comprare filo e ago.
Mi si è scucito l’orlo della gonna,
ora tocca sistemarlo.”
Una donna che dovrei definire anziana
ma non posso che arrestarmi a: donna.
Ben pettinata, un rimasuglio di rossetto
color fragola sulle labbra, occhiali da sole
con la montatura tartaruga e blu,
un blu che è in tinta col foulard drappeggiato
attorno al collo, con il blazer, con la t-shirt,
e la lunga gonna di jeans il cui orlo va
ripreso.
“Come dorme… beata lei.
All’ombra si sta bene, quasi troppo fresco,
ma non diciamolo troppo forte, che ieri
pareva ottobre.”
Apre la confezione della multicolore treccia
di fili, ne estrae uno blu foschia, esulta
avendo trovato la confezione gentilmente fornita
di un ago e l’aggeggio per infilare il filo
nella cruna.
Mentre ricuce l’orlo della gonna
parliamo di bambini, di luoghi, di biancheria da letto.
“Mio marito dorme ancora col piumino,
io non ne posso più! Devo dormire
con le gambe fuori, quella roba
mica traspira.”
E ancora:
“Quando era piccolo mio figlio, quanti errori
ho fatto… l’ho sculacciato, e me ne pento tanto.
Era un bambino così buono, come è ora
un uomo buonissimo, anche coi suoi figli,
mai alzerebbe le mani su di loro.”
Ci guardiamo e prendiamo coscienza
di quella banalità alla quale le donne
non riescono a sottrarsi: il carico mentale.
Ci guardiamo e ci complimentiamo
per la reciproca bellezza.
Per me si fa ora di andare.
‘Noi si va signora. La ringrazio moltissimo
di essersi seduta accanto a me
a rammendare la gonna
e a parlare così bene di queste cose
che dimentichiamo e invece
dicono tutto del vivere.
È stato come vivere un film
per trentacinque minuti.’
Lei mi guarda stupita e illuminata
perché ho parlato anziché pensare.
Ci auguriamo una buona giornata.
Basta così poco per spalancare
una stagione sovraffollata, rumorosa ed empia.
Un poco che a farlo è un niente.

ordine e avventura

6 luglio 2023 § Lascia un commento

“Signora,
è suo il cane?”
No.
Comportamenti appropriati e indagini irrilevanti.
Siamo sul sentiero che, asfaltato,
compone un lungomare scorrevole.
Capannelli di genti
Fra loro conosciute, sconosciute
e la linea di demarcazione fra le stagioni
come un singhiozzo breve e non udito.
La vegetazione incombe ai bordi.
Un disco di Les Negresses Vertes,
partiamo.

Intanto noi alle vette
riconosciamo il macabro levare
e la irresistibile attrattiva:
because it’s there.
Passa una donna, i capelli raccolti in uno
chignon ordinato, spingendo anch’ella
un passeggino.
Più apprezzabile di me, meno pratica.
Svolto lo sguardo
riponendolo sui cantieri aperti
cimiteri in essere che si fanno vita e abitazione.
Il mare non è fatto per bere.
Le vacanze: desideri espressi
in piena indecisione.

ordine e avventura

5 luglio 2023 § Lascia un commento

Gli albori impervi
nonostante l’assiduità elettiva
la formula esatta e comprovata del cuore
la musica progressiva italiana
l’orda dei passeggini.
Chi fa jogging in città
prosegue in villeggiatura
modificando solo gli orari:
e, dovrei aggiungere, i percorsi,
ma risulta così evidente
che non vedono quanto li circonda
fatta eccezione degli ostacoli.
Una orchestra lampeggia nel retro del pensiero
(col retro intendendo la nuca)
stimolando piano le parole
corteggiandole affinché si concedano
aperte e prive di schermaglie.
L’estate è un accento esteso e aperto
sulla parola pelle.

ordine e avventura

5 luglio 2023 § Lascia un commento


Corrono coi capelli sciolti
sanno, da qualche parte nelle ossa,
che estate è azzardo e scommessa
potenzialmente potendo arraffare loro
I baci il pube le gambe graffiate-
e senza nemmeno domandare.

Tutto ciò che brilla si deve
al secolo ventunesimo.
Ci si lascia, si prendono i cocci,
si spargono nei campi arati
pensando di coltivare vasellame
pronto al monouso.

sciama

3 luglio 2023 § Lascia un commento

Una lacrima di sole
dopo che hai fatto giorno
fra le rocce disperate di averti
il timo e i rododendri.

Risuoneranno sempre campanacci
dove albergare il calore, le mattine di luglio,
la tua fronte stanca.

Essere reali come quella lacrima di sole
come la mosca che ronza sognando l’uscita
come il tuo respiro sempre più calmo e profondo
afferrato al mio collo
poco prima del tuo compleanno.

sciame

7 Maggio 2023 § Lascia un commento

Satie
come una piccola demenza
una ninna nanna da sbornia
E lei, piccola, coi capelli spettinati,
le colombe appese agli interruttori
nell’estate così mediterranea
bianca di afa.
Non ti daranno una canzone con testo,
no, non ti faranno uno sconto
in termini di dichiarazioni.
Sì limiteranno a osservarti dal loro tavolino all’ombra, un sorriso di scherno
appiccicato sotto al naso,
la polo in filo di scozia chiazzata dal sudore.
Cosa ti aspetti dall’estate che si approssima?
Ti darò un figlio solo se me lo chiederai.
Diversamente, tornerò a ricamare lenzuola.

sciame

4 Maggio 2023 § Lascia un commento

Fra i fili d’erba
incidenti mortali.
Solo i Jack Russell si avvicinano
rabbiosi e attirati dagli idranti.
Serial killer da quattro soldi
al soldo di cittadine di impronta romantica.
Si deglutisce per compatire più piano
si impartiscono lezioni sulla malattia psicosomatica
al prezzo all’ora di un trapano.

Nella radura nessuno risponderà al richiamo
le orecchie rivolte altrove.

effetto di mera esposizione

3 Maggio 2023 § Lascia un commento

Ieri è passato il prete a benedire casa.
Irene era bollicine, lui sembrava molto dolce
e maldestro.
Ho ricordato un frate incontrato in piazza cavallo
a Casale
oltre vent’anni fa
una sera a primavera che pioveva e io ero in giro
con persone improbabili
inquieta e in fermento incontrollato.
Mi fermò in una qualche improbabile e forte maniera
gli dissi solo io non credo in Dio
lui rispose non è vero, e io, di rimando,
senza mordermi la lingua, sei molto bello,
anche tu, rispose, ma mi spiace
che tu soffra così tanto.
Ero prossima alle lacrime e scappai via
ricordo quella sera il mio salotto con candele accese, del vino
e qualche sigaretta rollata male.
Era morto il gatto che aveva vissuto l’inverno precedente
con me e mia madre
piansi con questo pretesto.
E il frate era davvero una caramellina, e io
davvero credevo e non credevo.

api

16 marzo 2023 § Lascia un commento

Così sei un muro arancione
una gabbia Faraday
un sussulto marginale fuori dal
rinvigorirsi dei prati.

C’è una spinta che oppone
il ventre al ventre
un trascinamento diseguale
come una morìa di insetti dimenticati
oltre le cortine di marzo.
Come il mese, scoordinato e rapito,
mi tollero poco e senza udienze.
C’è il paradigma interrotto
da una mobilità tronca
e io spingo, spingo, spingo
senza guardare alla direzione
né avvedermi delle conseguenze di ogni spinta.

Intanto io faccio i conti.
I conti su quanti ancora si troveranno
costretti a respingermi
su quale autocarro mi spezzerà la schiena
quando mi sacrificherò per la vita di un infante
su cosa ancora mi troverò costretta ad accettare
muso basso
per tirare avanti
e se, davvero, mi ci troverò ancora costretta.
I conti sono inconcludenti.
Mi sorvegliano le siepi a protezione di villette a schiera.
La periferia è un atto di coraggio
che applico a ogni giorno
estraendomi dal centro
distillando il mio pensiero.

effetto di mera esposizione

30 gennaio 2023 § Lascia un commento

Gli dice del genio
ma non della genìa
dell’improbabile discendenza che nei geni
si attorciglia al cane, all’asfalto, a un fuoco
che deve ardere ed essere alimentato.
Come scorre il traffico
nei giorni feriali, nelle strade statali o superstrade
che sono transito e ascendenza,
nella velocità consentita che non smuove l’esistenza,
la genìa, nell’essere irregolare e scalpitante
oltre la superficie mossa
sta un contenuto che sobbolle sempre
scapestrato e indomito da ere
per, appunto, discendenza e genìa
sempre teso e mai lanciato
recalcitrante alle luci stroboscopiche
dei deliri del fine settimana
assaltante e assaltato
ascendente anche, ma in dettagli
che raramente vengono scorti.

Immobilità; avaria.

musica da un’altra stanza

24 gennaio 2023 § Lascia un commento

.

Il mattino insegue, sole che scopre il sole*

Non posso bastarmi se mi assento dalle scene.

Stamane l’approdo al sentiero
dopo tanta deriva
DIE* in cuffia, la neve indifferente a me e io
senza tentennare, nonostante le calzature zuppe già al terzo km.
Scelgo la mia stradina solitaria
battuta solo dagli animali selvatici
la scia che hanno tracciato non mi è congeniale
nelle pendenze scivolo
non ho zampe lunghe e zoccoli
ma lo rispetto e rispetto me stessa.

Mi fermo
Sara mi manda fotografie di camere da letto nelle quali albeggia
sono intessute di amore, di calore disordinato.

Mi ero dimenticata di essere animale
così metropolitana e al netto dei treni
stavo svaporando dal mio corpo
dai tappeti di aghi
che nessuno si sognerebbe di aspirare.
Mi ero dimenticata di ascoltare il silenzio
che trabocca di suono.

*Verso tratto da Paesaggio, quinta traccia dell’album DIE, di Iosonouncane, Universal Music Italia Srl. 2015

effetto di mera esposizione

23 gennaio 2023 § Lascia un commento

Andavo nelle sale giochi
avevo 12, 13, 14 anni
poche possibilità, ma un paio di gettoni li ottenevo
non osavo provare ogni gioco
non l’avrei fatto sapendo di non essere perfetta
e l’imperfezione mi attanagliava
un collare stretto
che io stringevo ancora di più.
Poi c’erano gli altri ragazzini
li guardavo da lontano, di nascosto
magari uno mi sorrideva, mi diceva ciao
ma io li relegavo nell’impossibilità e nella dimensione
onirica, non potendo ammettere di essere carina
o anche solo un tipo
con due vestitini e il resto approssimativo
io occlusa nell’assenza di sicurezza
spaventata come una volpe
confusa e desiderosa come un cucciolo di cane
che qualcuno scegliesse me, proprio me fra tante.
Come potevo sperare, se io non mi sceglievo.
Come Bastiano che fino all’ultimo non osa
chiamare ad alta voce Fiordiluna
e senza l’AURYN che ora sono io per me stessa
senza sapere che desiderare era la metà buona di fare:
arrossivo, mi giravo da un’altra parte, inserivo un gettone
per bubble shooter, rapidamente perdevo, tornavo in hotel.
Il giorno dopo, in spiaggia, sarei andata avanti a leggere
i miei mille libri, fatto bagni senza saper nuotare decentemente
guardando attentamente la vita scorrermi davanti
granello dopo granello
senza immaginare lontanamente
come e quando
l’avrei fatta mia.

api

23 gennaio 2023 § Lascia un commento

Io me ne vado sempre.
Nella dimensione di caviglie scatole treni.
Io me ne vado e il mio andarmene
è un manifesto apolitico
totalmente personale
uno di quelli che scalano in solitaria.
Perciò: io me ne vado. Sempre.
I collari non sono nemmeno se collane.
Non sono fedele nemmeno a me stessa.
Ma lo faccio. Anche quando
andandomene
resto.
Resisto restando
e nel continuo andando.
Per le ruote motrici che corrispondono
a tutte le mie ruote
e la mia musica imprecisa
(andante, adagio)
me ne vado sempre ed è sempre fermo restando
che resto, mai andata, occupante
ancora scranni e letti e armadi e grembi e mani.
Io che me ne vado sempre
e compongo un casino
che resta, andato.

api

16 gennaio 2023 § Lascia un commento

Le gambe aprono al lavorìo del bacino
che sovrasta e entra
è una serra non approssimativa
che reinventa senza semina
nel lampeggiare allarmato di occhi e mani
nelle rientranze delle valli, nelle superstrade
poco trafficate di certe domeniche,
tardo pomeriggio, i lampioni a segnalare
il nulla caldo nell’ora blu
il blu che arretra, proprio qui, proprio ora
nel confluire delle mani, attente, incolonnate
nella prontezza della segnaletica orizzontale
pronti a evacuare pianeti consunti
nelle copertine di stoffa dei libri che non sappiamo
di aver scritto, nella polvere che vi si è annidata:
la parentesi chiusa dopo un ampio fraseggiare.
Perduti i materiali alti della nebbia.
Dismessi i tralicci e il loro allarme nei voli.
La domenica è un pasto senza termine
che non dovremmo attendere
che ci scorre separando.

api

15 gennaio 2023 § Lascia un commento

LA BOTTEGA DELL’OLIO
recita l’insegna curata
su un edificio dalle fattezze di magazzino
nei pressi della stazione ferroviaria
di Varenna-Esino-Perledo.
Fuori Lecco i muraglioni che accompagnano il percorso del treno
erano neri di tempo e sporcizia.
L’amore ci sgocciola dagli occhi
appanna i dettagli dimenticabili
mentre pure i più sordidi, qualora pieni di sottintesi,
si tingono di impressionante bellezza
come i motel avvistati dall’autostrada
le aziende di import export, le auto concessionarie
due giovani prostitute sul cavalcavia della stazione
il ristorante peruviano, le pensiline
le vie ampie e inondate dal sole uscendo
dal centro di Brescia.
Navighiamo a vista, esperti non so di cosa,
cionondimeno esperti l’uno dell’altro
in osservazione quieta e serena accettazione degli eventi
meteorologici, aeroporti non ancora battuti,
una Siberia tascabile e non intaccata
lunghi e immobili e senzienti
impalcati a protezione degli squarci delle nostre mura
che non fanno rumore, bensì cantano.

La bottega dell’olio non pare mai aperta.
Forse è un luogo chiamato col nome di un altro
restando pertanto ignoto a tutti, al riparo,
protetto dalla linee spaziotemporali dei treni.

api

7 gennaio 2023 § Lascia un commento

Ci sono forme piramidali che mi accompagnano.
Il Tresero, per esempio.
Rimasto fra le gambe del gigante che cadde sulle montagne.
Queste forme che mi dicono la mia forma.
Piramidale o meno.
Tengo sulla testa nuda nudissima
un’esistenza in termini di roccia e intemperie e
intemperanze tenere e ispide
come il fermentato stare al mondo
il generare, secondo stagione e secondo natura,
quando si preparano i germogli
e io non sono che albero,
secondo stagione e secondo natura,
fra le file che tengono i sentieri
e il loro mutare da inverno a estate.
Bambina mia, tu scivoli.
Bambina mia, io oggi ho guidato portando te
un ulteriore modo di portarti
per gli ulteriori modi in cui tu porti me
e comporti e importi.
In tutto ciò
il Tresero svetta.
La nostra storia
e la nostra esistenza in un divenire furioso e quieto e risolto.
Bambina mia, mia vetta.

api

5 gennaio 2023 § Lascia un commento

Milano è un pietoso involucro di nebbia.

Ho acquistato, per errore di valutazione,
un posto contrario al senso di marcia
sono, così, costretta a indulgere con lo sguardo
su ciò che rimane indietro, anziché essere
proiettata in avanti.
Stralci della febbre rimangono sul corpo
come il dolore agli arti e un sentore di ovatta
qualcosa di, tutto sommato, estremamente dolce.
I posti sono occupati, non tutti.
Il Natale lascia storditi e disorientati, come la febbre,
come una bottiglia di vino finita, come la vita.

A volte ti scrivo una lettera senza inchiostro,
amore mio. A volte ti scrivo cose che non so dire
o che dire non è necessario.
Come lasciarsi indietro la nebbia ma seguirla
scomparire piano, sostituita da altra nebbia
e altri paesaggi più o meno urbani
sui binari che sono brani interrotti
dove l’inverno si scrive solo sui calendari, a matita
e io continuo a esistere in quanto principalmente io
come la febbre così alta mi ha ricordato
come i treni che non smettono di partire e arrivare
come la preghiera imprecisa dei miei anni passati
che ha smesso di essere preghiera: ora è
una richiesta precisa, di restarmi presente,
di esistere.