storia isteria

1

Quando sei morto
non ho potuto fare altro
che concepirmi daccapo
darmi un’altra completezza.
E provare mille altrui lutti, indifferente, magra,
anche prendendoli in prestito
magari leggendoli sul giornale
o negli androni di palazzine di città.

Eppure qualche volta
pur senza le folle nerastre del caso
piango e consumo anche io.

2

Quando giocavo a solitario baravo
seguivo da sotto fogli sottili i contorni dei volti
la notte mi cingevo la vita col mio braccio sconosciuto
mi davo conforto per i soli miei lividi
il mio più grande desiderio era svenire

Ci sono cose al mondo che ancora oggi
non riescono ad avere accesso alla mia bocca
congegni a orologeria
che riprendono il conto dall’inizio
un secondo prima dello scoppio.

3

Quando emergevo nel sole ed era un giorno da rifare,
no, ricomincia daccapo
quando emergevo nel sole ed ero un giorno da rifare
le ore scadute, sparse, esangui
e mi ricomponevo sempre in parti imprecise,
poco avvezza al dosaggio degli anni
i secondi schiacciati sotto i piedi
nessuna possibillità di lancette o meridiane e i mesi inerti
daccapo, rifai
quando emergevo nel giorno ed ero senza un sole da rifare e tu eri morto
come sempre.

4

Quando a letto consegnavo la paura al muro al quale dormivo addossata
quando stavo ore al cimitero la sera tardi a riaccendere i lumini spenti
quando applicavo su graffi ed ematomi misture di cosmetici e detersivi
quando dettavo in urla la parziale ammissione dei delitti giornalieri e infine,
quando piansi riconoscendo che john lennon era morto
erano solo esercizi pratici per la tua morte.

5

E immagini l’odore che hanno le mie mani,
questi palmi, queste dita?
A nulla servono congetture pettegole, scarti organici, conguagli di teorie,
opinioni, sorrisi e altri santi.
Niente supporta spaziature nello stravolto.
Tu non sai l’odore delle mie mani,
io non so cosa oltre il vacuo della morte.

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